Il treno mi porta lungo la riva del Baykal. La leggenda narra che Baykal sia un padre severo che per impedire la fuga della sua figlia più bella, Angara, lanciò due enormi massi per fermarla. Angara fugge per sposare Yenissei, fiume forte e possente abbandonando triste e sconsolato Irkutsk, il fiume scelto dal padre come suo sposo.

I due massi lanciati da Baykal sono ancora lì. A ricordarci che le leggende, soprattutto in luoghi come questi, han vita propria. Infatti gli sciamani siberiani che di tutto questo se ne intendono da secoli, considerano i due scogli al pari di due cattedrali.

Di argomenti meno metafisici, invece, si occuparono ingegneri italiani: lungo il bordo del Baykal, furono appunto degli italiani ad occuparsi del tratto ferroviario  per quanto riguardava gallerie e ponti.

Tracciarono la via ferrata dove il profilo del territorio si presentava più adatto.  Ciò comportò la nascita di nuovi centri urbani e la scomparsa di altri tagliati fuori.

Si potrebbe continuare il viaggio giungendo a Khabarovsk con la sua via principale che nasce dalla piazza in cui una statua di Lenin dalle dimensioni oneste concede il permesso di guardare verso l’Amur ghiacciato e largo.

La via principale corre tra due fila di case rosse di mattoni che ancora ricordano le feste delle famiglie che qui si erano arricchite, a differenza che a Kiakhta, con il commercio delle pelli.
Pare che le assi di legno dei pavimenti delle case dei mercanti di Khabarovsk fossero spesse il doppio del normale. Questo per poter resistere ai poderosi colpi di tacco degli stivali dei cosacchi durante i balli.

Oggi anche un ristorante italiano si affaccia sul marciapiede ghiacciato. Giovani, nemmeno così imbottiti contro il freddo, fanno jogging lungo le rive del fiume e la gente passa indifferente e lesta sotto il monumento che ricorda che quattro secoli fa l’Amur portò qui i primi cosacchi.


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