“Fu per le vie della città cinese che vedemmo le prime donne mongole del nord, la cui acconciatura era così stravagante e così nuova per noi, che non potemmo trattenerci dal guardarle con una insistenza perfettamente indiscreta. Certamente le donne maritate della Mongolia settentrionale riescono a fare della loro capigliatura il più originale capolavoro che possa essere ideato dalla fantasia collettiva di cento generazioni di donne.

I capelli scendono loro ai lati del viso in due bande piatte, larghissime, ingommate, che non hanno più nulla del capello, che sembrano due enormi spatole nere e ricurve incornicianti il volto, tanto ampie da arrivare quasi all’altezza delle spalle, e terminanti a punta sul petto.  Le spatole son tenute aperte da una quantità di stecche disposte come quelle di un ventaglio, le quali formano una singolare raggiera intorno al volto; e sono cariche di monili d’argento e di monetine oscillanti, delle quali abbiamo riconosciuto con soddisfazione altrettanti pezzi russi da 10 e 20 kopeki … “.

“Naturalmente una capigliatura di questa complicazione si fa una volta nella vita; all’epoca delle nozze la fanciulla abbandona il capo alle sapienti manipolazioni d’un artista, e poi si limita ad un lavoro di manutenzione, spolvera le sue spatole di tanto in tanto, e la ringomma (con il burro) quando occorra. Non c’è pericolo che l’uso del bagno minacci mai l’integrità di quella fantasia capillare”.   
Luigi Barzini: Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche –reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile

Ricordo bene la prima immagine di una donna mongola con la sua strana capigliatura. Era certamente un pomeriggio di fine inverno di metà anni ‘70.  Invece di fare la traduzione da Quintiliano, rubavo nella libreria di mio padre solo per il gusto di contraddire il suo imperativo assoluto di non toccare mai i suoi libri.  Ho rubato diverse cose in quegli anni in cui il  cervello è simile ad una spugna ed oggi che son quasi vecchio e riesco a vedere il percorso totalmente illogico del mio destino, mi accorgo che quelle ruberie si son trasformate negli anni in Karma. Il mio primo Maestro, inconsapevole (io) fu Bonatti.

Non il Bonatti del K2, giovane e forte scalatore ed altrettanto forte rompicoglioni, piuttosto il Bonatti a fine carriera.  Fotografo per Life, tradotto per l’Italia in Epoca.  Bonatti in Africa tra i primi a rompere i coglioni ai coccodrilli, Bonatti e lo Yukon River sulle tracce dei cercatori d’oro, Bonatti nel Rio delle Amazzoni …   devo dire a grazie a Bonatti se non sono diventato assicuratore.    

Poi vidi le donne mongole e i loro capelli in un libro di Moebius. Disegnatore francese di fumetti suona quasi offensivo; piuttosto immaginifico sognatore disegnante direi sia più appropriato. Arrivai a lui dai fumetti di Blueberry, il tenente delle giubbe blu col naso del pugile Mazzinghi. 

Moebius mi porterà a Dalì. Ricordo perfettamente il fastidio del mio cervello provinciale alla vista dei capelli delle donne mongole, lo stesso fastidio mi davano gli elefanti effimeri sormontati da obelisco dello spagnolo eterico. Il fastidio si trasformerà col tempo. 

Son certo che molte decisioni prese presso bivi importanti della mia vita siano state influenzate da Bonatti, Moebius, Dalì e Hugo Pratt. Quest’ultimo arriverà qualche anno dopo e mi accompagnerà in Etiopia, Eritrea e in “Corte sconta detta arcana“ mi farà incontrare con il Barone Von Ungern.

Tutto era già scritto in quel pomeriggio di fine inverno degli anni ‘70.  Anzi tutto era già disegnato.

Last but not least, mia moglie mi ricorda (a lei piace molto ricordarmi che devo ricordare le cose che interessano a lei), che anche la Principessa Amidala di Star Wars mostrava un’acconciatura tipicamente mongolica.
Commento finale: visto che sa tutte queste cose, perchè non si fa un BLOG suo?


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