“ La visita al Tu-Tung, ossia al generale tartaro che la tartara corte di Pechino mette al fianco di ogni governatore cinese come controllore, comandante le milizie governative e quindi onnipotente…. il Tu -Tung di Kalgan si chiama Chen Sung.  Abita in un palazzo che pare un tempio in cui sventola la bandiera gialla del Drago nero.Il Tu Tung è pure un amico della ferrovia, quando la ferrovia è fatta dai cinesi, s’intende.  Ma è nemico dei tunnel.  Egli è stato una volta in ferrovia sulla linea di Han-Kow, non è dunque un conoscitore puramente platonico, parla per esperienza.  Finché si corre all’aperto tutto va bene, ma quando si entra in una galleria, si prova l’impressione più sgradevole.  “Ma non vi è nessun pericolo “ osservò Borghese.  Lo sapeva bene il generale tartaro che non vi erano pericoli, diamine. L’impressione sgradevole veniva per l’oscurità. “Si fa conto che sia notte“  – insinua il principe sorridendo.  Ah non è la stessa cosa. Il Tu Tung Chen Sung, attraverso l’interprete, spiega; spiega e rivela un po’ degli ignoti orizzonti dell’anima cinese, un po’ della raffinata sensibilità orientale:  “l‘oscurità della notte e quella del tunnel sono completamente diverse. Non si somigliano nemmeno.  Quella della notte è dolce, quella del tunnel è aspra …“.  Vi è tanta differenza come tra la felicità e il dolore … L’oscurità della notte apre, l’oscurità del tunnel chiude“. 
(Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche -reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile.  – Luigi Barzini).

Suona strana tanta sensibilità in un militare. 
Eppure in Oriente non è così, da millenni gli alti comandi non sono istruiti solamente alla “nobile arte della guerra“ e alla disciplina. Occorrono anche altre competenze.  Saper dare ordini diventa un’arte simile alla pittura, alla letteratura. 

Se siete stati a Xi’an ad ammirare l’esercito di terracotta, avrete certamente notato, domiciliata in una teca a parte, la statua di argilla di un generale. Non è armato, la sua uniforme assomiglia più a un laticlavio da senatore dell’antica Roma. Il suo gesto non è imperioso come potrebbe essere quello di un Giulio Cesare, è più simile a quello di Marco Aurelio in Campidoglio.  Di quel gesto assoluto si accorse  Mao Zedong e lo fece suo. 

Si chiama Consapevolezza. È roba orientale assai raffinata, non si compra né si affitta, la si raggiunge.  Anche Genghis, che noi immaginiamo crudele sanguinario, appare spesso nella sua iconografia seduto, quasi in ascolto.  Consapevole.


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