Non avrei potuto essere più preciso.  A certi appuntamenti ci si arriva con puntualità da meccanica astrale solamente se inconsapevoli.

Ieri ho terminato il mio scrivere con la frase: “Un tal Polo…“.  Ebbene oggi, come tutti i miei giorni uguali di prigioniero virus, ho iniziato la mia liturgia leggendo quel che rimane del Corriere della Sera che fu di Barzini ed ora è di un mandrogno che sta devastando con puntuale incuria la maglia più bella del calcio italico.

Mala tempora currunt.

Basta calcio, basta Toro, altrimenti mi incupisco. Oggi è un giorno di festa. Oggi Venezia compie 1600 anni !  Lo scriba del Corsera scrive bene e mi insegna cose che non sapevo,  scopro che la data è farlocca, non poteva che essere farlocca.

È come una ametista comprata nel souk di Tunisi che si inerpica come un formicaio sulla collina e sfocia sull’altopiano in cui dorme il museo del Bardo. Il più bel museo di arte  musiva romana al mondo.

Una data farlocca di compleanno, non potevo sperare di meglio per volare con la memoria a Venezia.  Prometto che tornerò presto col ricordo nello Xinijiang, anche se nella mia mente ormai Oriente e Occidente son la stessa cosa.  Venezia è la Porta d’Oriente ! Le mie Porte d’Oriente, quelle che si son dischiuse durante lo scorrere illogico della mia vita sono anche Bruges, Budapest, Istanbul e Acri. 

I pochi et rarefatti (due anni dopo, alla pubblicazione, sarete divenuti molti, al momento della scrittura non potevo certo immaginarlo ) lettori di questo blog  ricorderanno l’incipit  in cui individuo dei punti GPS onirici.   

Il primo deve essere sicuramente Venezia, non poteva essere diversamente, mi dico ora voltandomi indietro a guardare i miei 15 anni dall’alto del mio minareto, compare di banco di quello di Massawa, dei 62.

Il flash di magnifica opulenza e forza controllata che colpì i miei occhi di liceale provinciale in gita scolastica è rimasto intatto. Il tempo non è riuscito a scalfirlo. 

Son sul vaporetto che da piazzale Roma porta a San Marco impastato all’orda dei miei coetanei vocianti, ingenui, probabilmente felici. 

Mi son bevuto Rialto e la sua curva sbirciando un frammento di tette di una della maturità, e va ben così. 

Son  passato inconsapevole sotto gli alberghi del Canal Grande che frequenterò vent’anni dopo e me ne son fottuto allegramente di Hemingway e dell’Harry’s bar, troppo caro per le mie tasche di allora. Quando, poi, ci andai con le tasche giuste, non mi regalò emozione.

Il Canale si allarga dopo la Chiesa della Salute, magnifica e barocca con finestroni semi ellittici copiati di pari passo dal Vitozzi nel Santuario di Vicoforte Mondovì .

Santuario che vi consiglio vivamente di andar a vedere subito dopo un vostro viaggio a Venezia.

E già che ci siete, andate pure a cena in una serata di fine estate in Mondovì alta che si chiama Piazza e rimanete a bocca aperta.  Poi chiudetela per riaprirla al ristorante sotterraneo chiamato “Cantine Bonaparte “. No, non mi fanno lo sconto.  Sì, si mangia molto  bene. Punto.

Il Canal Grande si apre subito dopo la Salute e mi appare a dritta la Sfera d’Oro della Punta della Dogana. Siamo a inizio primavera, inizio freddo e ventoso.  Il sole tramonta male e brilla la Palla d’Oro.  Ancora non sapevo, a quel tempo, che quella Sfera sorretta dai due Atlanti rappresentasse la Fortuna.

Non lo sapevo e anche se me lo avessero detto mi sarebbe interessato molto poco.
Ero un rustego perfetto . Se mi avesse incontrato Goldoni mi avrebbe scritturato. Il rustego della provincia (Granda).

Scoprirò lustri dopo che una delle massime fondanti del Tao recita: “… partite sempre dal basso”.  
Solo dopo molti anni e molti incontri raggiungerò la consapevolezza che è a quella età che si firma il proprio destino.  E il destino o fortuna o fato è galantuomo. Ti cerca quando sei inconsapevole, quindi perfetto.

E firmai.  Firmai nell’istante che i miei occhi si posarono sulla Basilica di Marco, il Santo fondatore della Chiesa Copta. Chiesa che incontrerò, poi, sulle ambe etiopi alla ricerca del Prete Gianni (Joannes Presbiter) che la leggenda fa arrivare dalle lontane steppe mongole.

Cerchio chiuso.


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