panorama vladivostok

 … il norvegese Fridjof Nansen oltre ad essere un esploratore artico doveva essere anche un eccellente bevitore, cosa non certo inusuale nei paesi nordici.  Posso ipotizzare questo, in quanto pare che costui  abbia affermato che la baia di Vladivostok gli ricordasse Napoli, ma senza “O’Vesuvio”.

Bontà sua, probabilmente dopo molti  cicchetti  e altrettanti granchi, si sarà presentata la visione.  Ho tentato in tutti i modi, mi son impegnato osservando la Baia sia dal ponte fotocopia dell’originale che si trova a San Francisco, sia dalla batteria di cannoni posta a difesa dai giapponesi, di vedere anche solo un frammento di Napoli specchiarsi nella ghiacciata baia… nulla.  

Sicuramente non sono in grado di ingollare il quantitativo necessario di vodka affinché si palesi la “visione partenopea “.

Più facile da immaginare, anche senza additivi alcolici, è la analogia tra lo stretto del Bosforo e il braccio di mare che disegna il porto naturale di Vladivostok.  Anch’esso chiamato Corno d’Oro.     

Vorrei tornare sull’argomento granchi, sia perché vanno provati una volta nella vita, sia perché sono un perfetto gps point onirico.

Infatti, arrivati a Vladivostok o ci si orienta verso una situazione statico-sedentaria aprendo un bistrot che serve granchi e caffè Lavazza ( son piemontese e quindi di parte ) oppure si ha di fronte un bivio.

La prima scelta è andare ancora avanti.  Se si decide così, allora si finisce dritti a Sakhalin.  Lunga, stretta, tutta uguale con solo due città.  Perfetta per chi fugge dagli altri e da sé stesso.  Perfetta anche per confinare, stoccare e dimenticare migliaia di dissidenti nelle Katorga, sorta di antesignano  “Arcipelago gulag“.

Il filo rosso che seguo io non è bagnato dal sangue di questi poveri cristi,  il mio filo rosso è color quasi arancione tipico del carapace dei granchi.  Perché a uno sputo da Sakhalin inizia il rosario delle isole Aleutine, basta superare la magnifica, vulcanica, zanzarata e fangosissima (in estate ) Kamchatka.

Se questo virus del cazzo, sì del cazzo (qs. articolo è stato scritto nel 2020), finirà e non sarò diventato troppo vecchio e rincoglionito,  vorrò partire da Sakhalin, cercare qualcuno che abbia un peschereccio da granchi serio e farmi portare ad Anchorage.  Come passeggero, non come pescatore, non sono masochista.

L’altro ramo piega invece a sud e tocca luoghi a me conosciuti.

Si torna a casa facendo un salto a Pyongyang e poi attraverso la Manciuria in treno fino a Beijing. Da qui si riprende la Transmongolica e si torna belli belli a Ulaanbaatar.


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