“Quelle nostre peripezie attraverso la Mongolia interessavano immensamente tutti i milionari del thè. La notizia della Pechino-Parigi aveva trovato a Kiakhta un pubblico che se n’era commosso. Delle speranze rinascevano.
Si aspettava ansiosamente l’automobilismo a quella prova sulla terra mongola. Non sarebbe stato possibile sostituire il cammello con l’automobile, vincere la concorrenza della ferrovia nel trasporto del thè?
Il nostro arrivo mise gli antichi mercanti di thè in emozione.

Avevamo fatto il viaggio da Kalgan a Kiakhta in sette giorni, e le carovane ve ne impiegano venti.


Ci domandavano mille cose, sul costo della benzina, sulla possibilità di portare grandi carichi, sul valore della macchina. Discutevano fra loro gravemente.
Dai loro discorsi comprendemmo quale fosse la principale ragione che li aveva indotti a rimanere a Kiakhta: essi aspettavano che il Governo russo o quello cinese costruissero la ferrovia della Mongolia, ferrovia logica e perciò inevitabile.
Potrà tardare, ma verrà.
Allora Kiakhta legata a Han-kow interamente per strada ferrata, senza interruzioni, avrebbe pompato tutto il thè cinese dai luoghi stessi della produzione.
Sulla tranquilla e paziente aspettativa della linea mongola, l’automobile veniva a gettare una febbre di nuove idee e di nuovi progetti.
Ma per ora, se l’automobile dimostra di essere un rapido mezzo di comunicazione anche sul deserto, non è certo un pratico mezzo di trasporto. L’ Itala non avrebbe potuto portare a Kiakhta più di 200 chili di thè, e con una spesa di 1.50 o 2 lire al chilo….”.
Luigi Barzini: Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche –reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile

Pazienza orientale e molti soldi in tasca aiutano chiunque ad aspettare. Aspettare troppo, una cosa solamente, può risultare un grave errore.
La Siberia non più degli Zar millenari si trasformerà nella Siberia dei Gulag dell’Apparato Centrale.


Il treno arriverà. Non porterà più il thè, bensì anime perdute.

