A Beijing ci sono almeno 1000 ristoranti che cucinano l’Anatra laccata alla Pechinese e si considerano il più antico o il migliore o entrambe le cose.
E hanno ragione! Scegliete tra quelli enormi, minimo quattro piani ! Nazional-popolari, niente barocchismi nè dragoni, piuttosto sputacchiere. Più ne cucinano e più son bravi.


Osservate il chirurgo che il Fato ha destinato al vostro tavolo mentre opera, avrà la stessa mano dello scrittore dell’acqua. Studiate la procedura di preparazione del boccone, avrà la stessa precisione armonica della punizione di Maradona inflitta ad un portiere di una squadra a strisce .
Lasciate ….. che inizi il sogno.


Parimenti al lato occidentale dell’impero, lungo il rosario della Via della Seta, a più di 8000 lî da Beijing si può gustare cibo di egual livello. Si tratta del Naan. Il pane uiguro. Cotto in forni che han la forma di un proiettile della Grande Berta.
Il fornaio infila tutto il braccio dall’alto e schiaccia la forma di farina all’interno della parete del forno. Le donne impastano, stendono la pasta e la forano con un “pettine di spilli “ mentre cantano. Lui, Efesto dai tratti persiani, imbuca e recupera con una sorta di uncino il pane cotto. La prima sensazione a giungere è l’odore della primavera che arriva con l’odore del legno di rovere. Mestiere di rispetto quello del fornaio in quelle terre.


Lui, giovane e baffuto, sforna con gesto antico dell’uncino e scarica e somma cerchi di pane caldo su un tavolo che avrà mille anni.
Tutti i gesti sono armonici, tutto attorno è armonico e vitale. Si può tentare di intuire lo scorrere della propria vita mentre si mangia il pane Naan.


Se poi si è degli esteti, e non ci si è dimenticati che noi italiani eravamo protagonisti in queste lande circa 600 anni fa, ci si porta seco un prezioso botticino di olio di frantoio ligure. Potrebbe essere quello del frantoio vicino alla asciutta e nascosta chiesetta medievale di San Stefano di Cavatorio che guarda un angolo del brutto aeroporto di Albenga.
Olio ligure su pane persiano, perché qui i mercanti genovesi al tempo di Giotto, sentivano l’ultimo respiro dell’ Islam prima di incontrare quello del Buddha.