“ Gobi in mongolo significa cavità. Il deserto è una immensa depressione del centro della Mongolia “. “ … una discesa ripida lunga venti o trenta metri ci varò sulle sabbie dure e piane e … cominciammo una corsa fantastica attraverso il più strano e il più desolato paesaggio; una corsa che era un attacco e una fuga insieme “. “ Nessuna forma di vita fatta eccezione per certe lucertole piccole e corte, di un colore così uguale alla terra da renderle invisibili appena si fermavano … “.


“ … il cielo era di una limpidezza inesorabile. Così limpido che ci ingannavamo sulle distanze; vedevamo tutto ravvicinato a noi. L’orizzonte ci appariva sempre a qualche chilometro e correvamo per delle ore prima di raggiungere certe gibbosità scorte nettamente a grandi distanze sull’orlo estremo delle collinette. Questa terribile trasparenza era dovuta all’assoluta mancanza di vapore acqueo “ .
(Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche -reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile. – Luigi Barzini).

La prima cosa che si secca nel Gobi è il naso. Silenzioso avvertimento perché subito dopo si secca il cervello. L’occhio invece diventa più vigile, attento. Ma è proprio l’impegno ad una attenzione non allenata che dà vita al miraggio. La vista è solo un servo del cervello, il servo preferito del padrone. E come tutti i servi, anche la vista dice al padrone quello che il padrone ama sentirsi dire. Sfalsa le distanze, si illude di vincere gli enigmi proposti dagli Spiriti della polvere.
Son fermamente convinto che chi si addentra nel deserto per lunghi periodi possa appartenere solo a due categorie. La prima, quella a cui mi onoro di appartenere, è quella di coloro che non son tanto svegli. Un po’ stupidi, di quella stupidità pratica esibita dai cammelli. Perfetti nel non accorgersi del superfluo mantenendo sempre uno stupido distacco dalle cose. Stupido e nello tempo salvifico, corretto in luoghi come il Gobi.

Mi son allenato per più di dieci anni per diventare stupido ed efficiente come un cammello bactriano. La seconda categoria è occupata dai Profeti et similaria. Gente che lo attraversa il deserto, mai ci prende la residenza come accade invece alla prima categoria. Costoro hanno una mission ben precisa e al deserto chiedono l’ autorevolezza da giocarsi quando ne usciranno.



Non li invidio perché così occupati a diventare dei mistici non si accorgono che il cielo blu cobalto della Mongolia, nel Gobi, forma una cupola in cristallo di aria ferma e secca. Sembra di essere dentro a una di quelle bolle di vetro che si vendono a Natale nei mercatini. Se le capovolgi, nevica. Nella cupola del Gobi, se sogni di capovolgerla, capovolgi anche il tuo Karma, riesci a mutarlo. Questo i profeti non riescono a farlo, è roba per cammelli e sognatori stolti.
Questo articolo è dedicato a Gianna
” il mio pensiero va a te, al tuo Spirito che supera gli Altai e scende leggero come pioggia di giugno nelle sconfinate steppe della tua Mongolia “
