“ Sboccammo in un mercato brulicante di mongoli con il cappello di pelo, ingombro di baracche, pieno di carri, di cavalli, di gridi, di frastuono.  La gente ci faceva largo, stupita, e ci sentivamo come seguiti da una scia di silenzio.  Dei soldati in casacca rossa correvano precedendo un palanchino circondato da ufficiali a cavallo, uno dei quali reggeva con solennità un ombrello rosso, distintivo del comando: passava un gran Mandarino, il presidente della Giustizia di Kalgan, un bel cinese grasso e tondo, somigliante a quei mandarini di porcellana dalla testa snodata che dicono sempre di si.  In mezzo alla via ci aspettava un europeo.  Era il signor Dorliac, direttore della succursale della Banca Russo- Cinese, che ci offriva ospitalità.  Accettammo con riconoscenza il gentile invito di quell’eredità della civiltà, il quale vive lontano dai suoi simili in una specie di casa sino-europea, diciamo pure russo-cinese, iniziando i nativi ai misteri della cambiale “. 
(Barzini L., Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche –reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile).

Arvaikheer è uno dei posti più freddi della Mongolia. Sarà perché si trova sulla linea immaginaria che divide il secco del deserto dall’atmosfera più umida della steppa, sarà perché probabilmente chi la ha fondata non era caro agli Dei.  Un motivo ci sarà pure per ‘sto freddo!  Anche il mercato di Arvaikheer è brulicante di mongoli con cappello di pelo, ingombro di baracche, di gridi, di cavalli, di frastuono.

Mancano i carri, sostituiti da Uaz e Ural.  Manca anche il direttore della banca, sostituito però da un prete coraggioso. 

Il Comune locale gli ha concesso di costruire la sua missione, e va bene. Il fatto è che il terreno concesso confina con la fornace del carbone che scalda l’acqua di Arvaikheer.  Il fumo nero del Titanic è nulla in confronto. 

L’esercito del prete è composto da una suora che pare alle prime armi e arriva dal centro d’Africa.  Immaginatevi questa donna catapultata a meno 40 gradi dal clima sub-equatoriale. Santa subito!  Il secondo Soldato della Fede del prete era una suora a fine carriera che tutto aveva visto e tutto aveva sentito,  mandata qui probabilmente a sentire e vedere cose mai viste altrove. 

Il prete ha resistito agli inverni lunghi e freddi, ha resistito alle zucche dure e pure a quelle vuote,  ha compiuto il suo lavoro.  Lo ho incrociato casualmente  nel 2019 a Erdene Zuu, giocava in trasferta. Non era più prete, né parroco. E’ Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar.  Il suo nome è Padre Giorgio.


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