“La popolazione mongola di Urga era stata da vari giorni informata, per mezzo degli agenti nativi della banca russo-cinese, dell’arrivo di carri che correvano da soli. … per evitare qualche possibile conseguenza del fanatismo e della superstizione che potevano venire risvegliati dall’arrivo improvviso di macchine così strane nella città santa del lamaismo. … essi avevano l’impressione che i prodigiosi veicoli non dovessero correre sul suolo ma sull’aria”.
“Ma come fanno gli stranieri a guidare il cavallo invisibile? “, domandavano al signor Stepanoff dopo aver ascoltato imperterriti le più ingegnose spiegazioni atte a convincerli che il cavallo non c’era.

I popoli primitivi, ( !!!! ) vivono costantemente in un mondo favoloso; spiegano tutto con l’intervento dell’invisibile; la loro ignoranza trova un mistero in ogni cosa, ed una potenza occulta in ogni mistero; il miracoloso è per loro una forza naturale, e non li stupisce. Credono nell’esistenza d’un cavallo alato, ma non possono credere a una complicata creazione dell’ingegno umano.
Nella loro mente l’incredibile è verità e la verità è incredibile“.
Nel 2007 ero in piazza Sukhbaatar, piazza che sarebbe certamente piaciuta a De Chirico. A quei tempi c’erano ancora ai quattro angoli della piazza, quattro lampioni dalla forma che ricordava l’epopea spaziale dello Sputnik.

La sera stava sfumando quando ho potuto osservare il passaggio della carovana che aveva ripreso, con mezzi moderni, la rotta di Borghese e soci esattamente 100 anni dopo. Mi pare di ricordare un mezzo Iveco arancione di Overland quelli che negli anni’80 avevano fatto il giro del mondo e fatto sognare gli italiani, oltre a mostrare, sempre al mondo, la nostra tecnica.
Al seguito un fuoristrada sempre Iveco: il Massif. Perfetto esempio della decadenza italiana già ampiamente in atto. Infine una moto della Ducati, sempre bella la Ducati, ma non c’entrava nulla! Tutto mi parve avvenire nel completo disinteresse dei locali, concentrati sui propri figli in bicicletta. Questi si, rappresentanti di un Paese che stava correndo verso il futuro. Il giorno seguente chiesi a Sukhee e soci se avessero avuto notizia del passaggio degli italiani in memoria dell’Itala.
Tirata fuori dal museo dell’automobile di Torino, mi pare. Mi sarebbe piaciuto vederla correre nel Gobi.
“ Si “ – mi risposero – “abbiamo visto la Peugeot, abbiamo sentito, molto bello! “.
Negli stessi giorni, infatti, la Peugeot aveva messo il suo marchio enorme con il leone in plastica splendente all’ingresso del Department Store in Ulaanbaatar.
Morale: come è difficile fare business lontani da casa. Lo diceva anche Dante.