“La Cina avanza lentamente ma sicuramente su tutti i cosiddetti territori di conquista. Al Turkestan come in Mongolia. Con piccole guarnigioni e pochi funzionari, essa domina immense regioni abitate da genti bellicose ma disperse. Su queste regioni trabocca l’emigrazione cinese, che il lavoro dei campi attacca al suolo. È l’agricoltura che invade a poco a poco i domini della gente nomade: una forza più grande di quella degli eserciti, perché il nomade non ama la terra e non la difende: egli si ritira verso gli spazi liberi; cede senza accorgersene. La popolazione cinese dilaga ora verso l’Occidente come non avvenne per secoli. È un fenomeno recente, che si svolge silenziosamente, inosservato, nel centro dell’Asia. L’espansione cinese fronteggiata sul mare dagl’interessi di tutto il mondo civile, trova uno sfogo verso la terra. Essa guadagna fino a settanta, novanta kilometri ogni dieci anni. Ed ha una terribile potenza di assimilazione; trasforma gli abitanti, li cinesizza”.
(Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche -reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile – Luigi Barzini)
Ricordo che queste parole son state scritte nel 1907! Se volete vedere la continuazione di questa storia andate in Etiopia. Da Addis in volo su Fokker unti e bisunti si è passati nel giro di pochi anni a Boeing di primo livello. Attendevo impavido e alquanto scazzato il volo di ultima mattina che da Addis Abeba mi avrebbe portato a Macallè. All’imbarco mi accorgo di essere uno dei pochi caucasici, di poco inferiori per numero agli sparuti locali. Il resto dei passeggeri dell’aereo appena tirato fuori dalla scatola, è figlio dell’ impero di mezzo.
Non li avevo notati prima in quanto sparpagliati e mimeticamente immersi nei loro cellulari; si sono materializzati tutti assieme ed allineati come soldati al richiamo perentorio del loro comandante: il geometra capo-cantiere.
Tutti sui vent’anni, tutti provenienti dalle province più povere, tutti probabilmente scartati dalle strettissime selezioni per l’esercito imperiale, ma buoni a far asfalto di bassa lega e “guadagnare nuova terra per l’impero“. Sono odiati dalla popolazione locale che crede le abbiano portato via chissà quali opportunità di lavoro e guadagno, si odiano tra loro in quanto vivono in cantieri cinti dal filo spinato e odiano la Cina che li ha spediti per due Yuan a fare una vita infame e strade di merda.
La Cina è come l’edera, sta soffocando il futuro malfermo di un’Etiopia giovane formicaio inconsapevole.