“ … Osservando una buona carta della Mongolia, sul tracciato delle vie carovaniere  si vedono disseminati dei nomi e dei punti, e si ha l’impressione che si tratti di villaggi e di paesi.  Si tratta invece di pozzi.  Ogni pozzo ha il suo nome.  Non è che un piccolo buco nella terra in fondo al quale tremola dell’acqua, eppure assume l’importanza di una città: esso è la vita.  È la vita di chi passa, cioè è la vita dei commerci, è la vita dei paesi posti a migliaia di kilometri da lui che di quei commerci prosperano,  è la vita di popolazioni lontane che quei commerci alimentano.   Le ricchezze di Kalgan, le ricchezze di Kiaktha, hanno succhiato il nutrimento nei  pozzi sperduti tra le solitudini della pianura mongola. I pozzi segnano le tappe delle carovane. Sono distanti l’uno dall’altro dai trenta ai settanta kilometri.  Nell’inverno vi si accampa di notte, nell’estate vi si accampa di giorno. Le some dei cammelli, col loro carico, son messe in fila.  Avanti alla prima e all’ultima sono piantate due lance, più per un segno tradizionale che per minaccia. Ci fermavamo anche noi ai pozzi, ad attingere acqua per la macchina, a dissetarci a rinfrescarci le mani e il viso.  E passavamo qualche istante con i carovanieri, i quali ci osservavano con un rispetto uguale allo stupore.  Nessun segno di ostilità da quella brava gente. Richiamavano i loro terribili cani da guardia, grossi e vellosi, e talvolta ci aiutavano ad attingere acqua con certi loro attrezzi formati d’un otre e d’un bastone. Ma evitavano di toccarci … “.   
(Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche -reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile.  – Luigi Barzini).

I proprietari degli armenti, in particolare cavalli, in Mongolia ancora oggi sono molto attenti ad abbeverare i propri animali.  Di norma l’abbeverata  di tutte le bestie avviene al mattino al sorgere del sole o alla sera poco dopo il tramonto.  L’uomo tira su dal pozzo estate e inverno. In inverno il fondo del pozzo è ghiacciato e la efficientissima pompa elettrica cinese pagata meno di 10 dollari muore.  Si prova allora con la altrettanto efficiente pompa a leva donata dall’URSS, pompa di geometrico metallo uguale in Mongolia come in Etiopia e Cuba, antico vessillo di un impero dissolto. Pure questa, in inverno pesca poco.  

Ecco, allora che interviene la vecchia scuola, quella che può contare i secoli : una corda di pelle conciata da tuo padre in una estate lontana a cui viene legato un bastone diritto e stupido di circa un metro che porta equilibrio. Poi ancora una catena che collega il legno al secchio e porta peso.  Completa la carovana un secchio morbido derivato da un copertone di una moto Ural.  La corda antica non ghiaccia, il bastone spezza il ghiaccio con la catena e il secchio di gomma fa il suo lavoro senza rimanere prigioniero tra le scaglie di ghiaccio.  Venti, trenta, quaranta volte per abbeverata.  

In estate è meno fatica, la precisa tecnologia sino-russa funziona a meraviglia. Il pastore pesca e rovescia l’acqua in un copertone srotolato di un vecchio Zil azzurro, che funge da fontanile. La gerarchia viene fatta rispettare dai cavalli che bevono per primi, ultime a bere sono pecore e capre.  

… dimenticavo: quando tutte le sue bestie han bevuto e si son allontanate, l’uomo riempie nuovamente  il copertone di acqua e se ne va.   
Quell’acqua è per gli animali selvatici che verranno nella notte.  Anche per il lupo, il nemico.  Perché nella steppa e nel Gobi nessuno dimentica le  parole di un mondo antico che ricorda che non si deve mai vincere completamente il proprio nemico .


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