Il giorno precedente ero stato nell’ordine: invitato/infiltrato in un matrimonio in puro stile tibetano grazie alla preziosità dei miei occhiali da sole con lenti verdi, al naso che li sosteneva e all’erronea supposizione dei parenti degli sposi che  fossi americano con occhiali americani.

Un nasone americano con Ray Ban scuri che capita all’improvviso a quelle quote e che spalanca all’improvviso la porta della stamberga in cui si officiava il rito, deve essere parso a tutti come un dono degli dei.

In realtà ci eravamo convinti che dopo quaranta o più tornanti tutti uguali nel nevischio, che  il passo si fosse liquefatto nella nebbia.

La prima abitazione in muratura, fosse stata piena di briganti sarebbe stata per noi quella giusta per chiedere dove fosse finito il passo.

Non venni messo nella condizione di fare la domanda.

Mi ritrovai nelle mani un oggetto che ben conoscevo: una ciotola di argento ornata di coralli e  turchesi.  Anche il contenuto lo conoscevo molto bene. Nella mia Mongolia lo chiamiamo kumis o anche airag .

È il latte fermentato di giumenta, millenaria bevanda di guerrieri e autisti per tutta la stagione estiva.  Qui lo fanno più denso e burroso, pensai.

Sapevo di aver tutti gli occhi addosso, quindi eseguii una manovra cerimoniale da rasentare la perfezione, nemmeno un ataman di Tsetserleg ai tempi del Barone Von Ungern avrebbe saputo fare di meglio.

Ma l’apoteosi la raggiunsi quando riuscii ad assentarmi per recuperare i miei compagni che mi aspettavano fuori a 3657 m di altitudine con meno cinque di temperatura e  la mia bottiglietta del tabacco in rara pietra silicatica blu di Mongolia.

Persino gli anziani, normalmente distaccati da queste cose terrene vollero scambiare la presa di tabacco con me.

Solo dopo un tempo che a me sembrò infinito l’attenzione dei presenti tornò ad orientarsi sui protagonisti del matrimonio.

Solo allora mi resi conto di essere capitato in un matrimonio da ricchi.

Le donne, tutte sotto il metro o giù di lì erano cariche di argento, soprattutto tra i capelli che erano stati imburrati per divenire così duri e resistenti da sostenere il peso dei gioielli.

Gioielli molto antichi e di forma strabiliante, orecchini pesanti, decisamente pesanti scendevano fino sotto le clavicole.

Collane alternavano grumi di argento all’ambra e il corallo al turchese.  

Anelli da naso e anelli più normali da dita con il cranio d’argento dei Citipati, gli scheletri danzanti delle maschere Tsam.

I buzz, tipici ravioloni di carne di montone grandi come un pugno tipici delle mie steppe qui sono sostituiti dai samsa, ravioloni un poco più piccoli sempre con carne di montone in una sfoglia di pane cotto sul fuoco in forni simili ai proiettili della Grande Berta.

C’era anche il naan, il pane cotto in forni di fango e mattoni con l’apertura in alto, tanto che il fornaio deve infilare il braccio intero nel forno per sistemare al suo interno l’impasto da cuocere.

Un pane naan caldo di forno condito con olio di olive taggiasche nere e piccole di Cervo – Liguria – è uno dei cibi migliori al mondo.

Cervo oltre ai suoi frantoi possiede una delle più affascinanti chiese barocche del nord Italia, arroccata su una piazzetta intima che si sbilancia sul mare.

Anche a Cervo si celebrano matrimoni da ricchi, ma questa è tutta una altra storia.


Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo