“La ferrovia agisce come una grande seminatrice di energie; sulle fertilità getta il lavoro. Masse di contadini vanno laggiù a crearsi una nuova patria nella patria. Tutta la Siberia sorge alla vita. Dei territori quasi ignoti, che non erano altro che delle parole geografiche, diventeranno a poco a poco degl’imperi che si aggiungeranno all’Impero”. 

“ … fiumicelli la percorrevano serpeggiando, e li passavamo su piccoli ponti di legno che avevano l’apparenza di essere stati fatti provvisoriamente molti anni fa, e poi dimenticati. Eravamo alle prese con tutte queste piccole difficoltà, quando ci giunse alle orecchia un fischio lungo, alto, sonoro, che riconoscemmo subito, e che ci fece volgere il viso illuminato di gioia dalla parte dove esso era venuto.

– Il treno! – esclamammo. – Il treno!

Distinguemmo la linea della ferrovia transiberiana, al di là della Selenga, con le casette rosse dei suoi guardiani, e i pali del telegrafo, tagliata alla base di colline coperte di pini. Fra gli alberi un pennacchio di vapore bianco fuggiva, disperdendosi su per la pineta, inseguito da un rombare alto, continuo, crescente. 

E il treno comparve, sbuffante, veloce. 

Il vincitore, il trionfatore, il conquistatore dell’Asia, passava. 

Correva verso Irkutsk, verso l’Europa. Esso ci univa all’Europa. 

Non so quale effetto avesse prodotto su noi il viaggio, la lunga sensazione della solitudine e della lontananza, il fatto è che la semplice e comune vista d’un treno ferroviario ci sembrò cosa nuova, piena di significato profondo ed ineffabile “. 

Da Luigi Barzini: Da Pechino a Parigi – 96 illustrazioni fotografiche –reimpressione de La metà del mondo vista da un’automobile.

Amo il treno, lo amo in modo viscerale. Diventassi ricco come un mercante di thè di Kiakhta del 1907, non mi comprerei un Falcon come fanno i calciatori.  Comprerei un treno.

Penso  sceglierei una locomotiva a vapore sovietica nera con stella rossa disegnata sul muso e un paio di vagoni impiallacciati con radica di olmo color miele e sedili di velluto verde inglese (att.: la locomotiva in questione esiste e la si può vedere a Ulaanbaatar assieme ad altre).

Le tratte son chiare: si parte sempre da Ulaanbaatar, si passa per Ulaan Ude e si costeggia il Baykal con sosta per acquistare il pesce affumicato dalle babuske.  Occorrono un paio di giorni per digerirlo e le mani odoreranno di affumicato a lungo. 

Si giunge a Irkutsk cosacca, che gli architetti dell’ 800 hanno plasmato come una Parigi d’Oriente.  Poco rimane in piedi di quel periodo soffocato dal rigido cemento di stato dell’URSS.  Poche, nascoste e storte isbe di legno antico lottano contro il tempo e gli ipermercati.

A Irkutsk passa il fiume Angara uscito dal lago Baykal che prima ha accolto le acque mongole del Selenge. Vicino alla riva dell’Angara, la chiesa dell’Epifania cui il Barocco siberiano fa luccicare d’oro gli interni chiari  e accanto la chiesa del Salvatore in cui al mattino tardi le donne cantano la messa nell’ombra tagliata dalla luce di ampie finestre che guardano a sud.

Le chiese di Irkutsh profumano di vecchia Russia, si può rimanere ipnotizzati e perdere il treno.   


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