“ Alle 10 del mattino entravamo in una regione montuosa ma facile. Lasciavamo per sempre le pianure mongole. I monti della Siberia orientale e della Transbankalia stendevano fino a noi i loro estremi contrafforti…”.
“ … salutammo la presenza di migliaia di marmotte (cani della prateria ) perché sapevamo che esse abitano in gran quantità la regione attorno a Urga”.

“Erano le 11 quando ci trovammo ai piedi della sacra montagna di Bogda-ola, parola che significa appunto “Montagna Santa“. Dall’altra parte avremmo trovato il fiume Tola (Tuul Gol), e sulle sue rive la città. Le vette del monte Bogda-ola erano ricoperte da una folta foresta di piccoli pini. Erano i primi alberi che vedevamo dopo circa 1200 chilometri di viaggio, e li guardavamo con una profonda compiacenza. Avevamo lasciato dei salici, dei pioppi, degli ontani, laggiù sul bordo della vecchia Cina, e trovavamo dei pini. Dalla variata flora della regione temperata passavamo a quella della regione del freddo
L’ampia valle del Tola e verso ponente scorgemmo Urga, incerta come un miraggio, punteggiata da edifici bianchi che dovevano essere santuari. Fu un lungo cammino per raggiungerla.
Il Tola, ed una rete dei suoi confluenti, tagliano più volte la strada. Si traversano dei ponti di costruzione russa; ma i mongoli preferiscono guadare e noi finimmo per imitarli …


Non vi è una sola Urga a Urga: ve ne sono tre.
Vi è quella cinese, quella mongola e quella russa. L’una è lontana dall’altra alcuni chilometri. Tre grandi razze: la slava, la mongola e la cinese, s’incontrano qui senza mescolarsi. Vi è tra loro un resto di secolare ostilità.
Le tre città sembrano nemiche.

Hanno l’aria dei campi trincerati. Sono cinte da palizzate altissime, come si usavano nella antica guerra per rompere l’impeto della cavalleria assalitrice. E piazzate altissime circondano le abitazioni e i templi. Nulla si vede all’esterno della vita intima degli abitanti; le strade non sono che monotoni corridoi tra mura di legno tristi e uguali.



Qualche pericolo deve esistere anche oggi; queste difese non debbono solo avere soltanto un valore di tradizione. Infatti, il consolato russo, una villetta in stile siberiano isolata tra la città cinese e quella mongola … è circondato da fossi, da reticolati di fili di ferro, da bocche di lupo … ha dei cannoni, ha una guarnigione di cosacchi transbaicaliani“.


“ … E più oltre, ad Occidente, presso la città mongola, il generale tartaro, il Tu-Tung di Urga, comandante la guarnigione cinese, si è chiuso in una fortezza quadrata.
Cinesi e russi si sono insediati come in un paese di conquista. Chi è il vero padrone?”.
Bella domanda! Si possono trovare tracce di quella Urga del secolo scorso se si sa dove andare a guardare al mercato nero di Ulaanbaatar. Dunque per prima cosa occorre spalare via con il caterpillar gli spessi strati sedimentari recenti, diciamo degli ultimi trenta anni. Si porterà quindi alla luce lo strato compatto del periodo sovietico che qualcosa ha dato e qualcosa ha tolto alla Mongolia. A mio parere sempre meglio i russi dei cinesi, ma è solo un mio parere personale. I fossili dell’epoca di Nikita Krusciev e del suo successore Leonid Breznev li trovate sui banchetti che vendono le medaglie al valore. Spolpati da almeno 10 anni di saccheggio ad opera del turista occidentale.
Occorre avere pazienza, ma si trova ancora qualcosa di bello. Agli inizi di questo secolo, ho acquistato diverse macchine fotografiche russe anni ‘50 che ho poi regalato agli amici e un Poljot K406 che si è fatto sicuramente un bel pezzo di guerra fredda.


Nikita non era amato dai Mongoli, nei suoi piani quinquennali aveva voluto inserire l’agricoltura e il cemento. Due elementi che combaciavano a meraviglia con la storia e le aspettative di un popolo nomade e pastore! A testimonianza storica rimangono diversi trattori divenuti monumenti.

Ne trovate uno bello rosso a Kharkhoriin vicino all’ufficio della posta, un altro a Erdenet, giallo e ruggine, non molto distante dal monumento in cemento sovietico, un altro ancora lungo la direttiva UB – Kharhoriin poco prima del villaggio di Liù e cento altri disseminati e dormienti nei paesi e paesini della steppa.
Leonid è stato invece molto amato. Già dai tratti somatici si poteva intravvedere una certa assonanza di pensiero con i mongoli. Breznev fece costruire dalla sua armata i primi condomini di Ulaanbaatar e li regalò alla popolazione. Freddi in inverno e caldi in estate, ma questi non erano che dettagli per i mongoli di quel tempo.

Scavando ancora si giunge al periodo descritto e attraversato da Barzini. Qui occorre aver occhio da archeologo. Per esempio potrete trovare delle ciotole d’argento per il Kumiss e tabacchiere negli anfratti stretti degli antiquari non ufficiali al mercato nero, ancora meglio in quelli con il bollino rosso posti vicino al museo di Zanabazar; dite che vi manda mia moglie. Vi srotoleranno il tappeto rosso e vedrete meraviglie: gioielli come quelli di Tongren, selle borchiate in argento, pipe da oppio e armature, Mala in argento, ambra e corallo.
Infine, se siete degli esteti, dovete cercare i dipinti eterici di Roerich e dei suoi discepoli mongoli moderni alla galleria di fianco al Millie’s Cafe. Già che siete lì entrate a bervi un americano e fatevi raccontare dal proprietario cubano la storia della mia amica Millie.



Concludendo con il botto : uscite da Millie’s e andate a perdervi nel minuscolo gioiello del Choijin Lama Temple di fronte. Cercate la statua della Tara Verde e la tabacchiera in malachite sempre verde dell’VIII Bogd Khaan ed entrate nel sogno. Buon viaggio.
